# TRAVEL'ART DIARY > CAPOEIRA QUILOMBOLA

Per la presentazione della ricerca artistico-didattica svolta da Agnese Ricchi, dopo una prima analisi, si è pensato di individuare e sintetizzarne il lavoro svolto per mezzo di questo libro d'artista - prototipo di una serie - nato dal viaggio che l'artista fece in Brasile, nel 2014. La scenografia e l'ambientazione in cui si svolge il presente racconto è un quilombo. Etimologicamente quilombo indica quel villaggio rurale che era abitato dagli ex schiavi africani, verso la fine del XVIº secolo, arrivati in Brasile.

La documentazione visiva di Agnese Ricchi, affrontando narrazioni universali racchiuse nel cuore e nella mente dei bambini, nelle culle delle civiltà, così come si evince dalla trama del film Redemption Song della regista Cristina Mantis, intercetta l'obiettivo di accendere i riflettori sul comportamento antropologico e, sopratutto, su quelle culture creative diverse da noi. Culture capaci di una espressione ingenua ed istintiva, al tempo stesso consapevole e genuina, così come possiamo pensare osservando, per un momento, quelle 'mani dei bambini' che danzando in sinestesia, lasciano impresse le loro impronte colorate, su fogli, su tele, etc.

Ognuno di noi è stato bambino! Singolarmente e culturalmente noi tutti siamo stati educati ad avere un proprio modo per riconfigurare il mondo esterno: il creato, la natura, gli oggetti, gli affetti, il cielo, il mare. Ma dai pastelli e dalle matite colorate cosa ci lasciamo alle spalle una volta divenuti adulti?

Probabilmente, perdendo l'ingenua forma dell'essere sinceri, preferiamo omologare forme in immagini da noi iconizzate. Che esse siano giocattoli, peluche, persone a noi care, oggetti del desiderio, descriviamo pragmaticamente - nella cultura segnica per una grammatica d'infanzia occidentale - la presenza dell'avere, del benessere, dell'essere protetti; con questo dimenticando, spesso, quei bambini che - vivendo dall'altra parte del pianeta - al mondo non possiedono nulla, non hanno niente, non conoscono palazzi, non hanno macchine, non sanno nemmeno l'essenza della parola confort.

Questo 'diario di bordo', nel quale si annotano le note biografiche ed emozionali dell'artista, diventa, a mio avviso, materiale artistico e didattico: un'ampia partitura corredata dalla serie di jute intitolata Capoeira Quilombola, di stills ed immagini tratte dal suo video Capoeira Quilombola . Tutti questi elementi, in gran parte totemici, chiamano in azione diretta il pubblico fruitore mettendolo a contatto con il protagonista del film, Cissoko Aboubacar, profugo immigrato,ora da poco,mediatore culturale al Centro Studi di Politica Internazionale di Roma.

Il tema centrale del presente lavoro, che di seguito vi verrà esposto, racconta una parte della storia del Brasile, di questa particolare ricerca documentaria che ricostruisce, con stupore, la Capoieira: un secret code, una forma di arte marziale diretta alla comunità interna del gruppo degli ex schiavi africani.

L'artista, da sempre attenta alle attività laboratoriali coniuga in questo caso, così come viene mostrato anche nel documentario Redemption Song, in due momenti paralleli e congiunti nello stesso raggio d'azione: la lotta extrafisica e corporale dell'adulto evocatore Cissoko; la lotta pacifica dei bambini del villaggio assetati di conoscere e divertirsi ad armeggiare pennelli e colori.

Agnese, poi, estrapola, seleziona, cataloga partizioni di quegli elaborati, di quei disegni, riconfigurandoli digitalmente, mantenendondone l'intenzione specifica di rintracciarne forme e simboli universali per l'umanità - come ad esempio il cuore - che parlano di amore.

Esplorando terre e culture a lei lontane, proseguendo per certi versi gli studi di Mike Fay e le fotografie di Michael Nichols - (l'Ultimo abisso verde, Megatransect, I diari di Mike Fay, Ed. National Geographic, 2006) - la nostra artista dimostra la capacità - partendo da una pittura collettiva d'azione - di trarne frame, di elaborarne quei segni nati dalla fabula di un confronto tra i più piccoli e l'adulto esploratore.

Gabriele Romeo


 

Artista originale e indipendente, basa da sempre il suo lavoro sulla relazione con i disegni infantili prodotti sia nelle scuole italiane che dai bambini di paesi lontani, molti dei quali in guerra. In ognuno di questi casi l'artista chiama ad esprimersi o vede i suoi piccoli interlocutori farlo su temi particolari, spesso difficili come la paura, la morte, il conflitto; altri più lievi come il gioco, la tradizione, la quotidianità. Per far questo la Ricchi a volte crea laboratori, avvalendosi di personale didattico, altre volte viaggia e, con il supporto di mediatori culturali, si reca in città o villaggi di paesi lontani e lavora con i bambini; in altri casi recupera i disegni che le vengono più semplicemente donati.

...quadri, che possono richiamare l'espressionismo, una figurazione nuovo-selvaggia tanto quanto il graffitismo, di fatto danno luogo ad un unicum coerente e pieno di attinenze visive e culturali. È, anzi, interessante notare come taluni forme e figure in particolare non siano troppo lontane da certe raffigurazioni "africane" di Picasso, dalle ariosità ludiche di Mirò, dalle stilizzazioni di Penk, dalle effigi di Keith Haring, dai tribalismi di Basquiat, dalle orme-tracce di Richard Hambleton, dai primitivismi invasivi di Paolo Buggiani, dai ghirigori alla Ken Hiratsuka e dall'attitudine streetartistica che, notoriamente creola, mescola non a caso Africa, Asia, ingenuità infantile, segnali e gesti originari.

...i "piccoli pittori" si sono cimentati dimostrando una dimestichezza e una spontaneità stupefacente e meravigliosa, ben evidenziata nel video realizzato a quattro mani dalla stessa Ricchi e da Simone Catania. In questo filmato si vede la libertà espressiva esplodere e la veemenza pittorica venir fuori con una naturalezza da "artisti navigati", quasi a confermare la certezza di Joseph Beuys per il quale "ogni uomo è un artista". Non a caso, proprio Beuys e la scuola di pensiero che lo coinvolgeva e lo ha adottato a sciamanico protagonista, sembrava indicare la rilevanza di una certa pratica laboratoriale e il valore di un fare atto a liberare potenzialità e naturalità creativa...

Barbara Martusciello

 

C’era una volta un Minotauro grande e grosso e molto buffo, che si perdeva sempre, perfino dentro al suo labirinto. Forse racconterebbero così questo episodio del Mito i bambini dell’Istituto Comprensivo Andrea Baldi di Roma, autori dei disegni che sono stati parte integrante della performance dell’artista Agnese Ricchi, svoltasi nel 2010 nella Galleria Opera Unica intitolata proprio “Il Minotauro”. L’azione è documentata in un video dai colori meravigliosamente sgranati e pastosi in cui la stessa artista, indossando una maschera di peluche da lei realizzata, con le sembianze della strana creatura mezzo uomo e mezzo animale, si muove in uno spazio contornato dalle tempere dei suoi piccoli allievi.

L’effetto sullo spettatore è straordinariamente coinvolgente. I dipinti infantili sembrano ritrovare il loro filo di Arianna in un’estetica appartenuta ad artisti come Jean Michel Basquiat e, ancor prima, ad uno dei suoi grandi ispiratori, il Dubuffet teorizzatore dell’Art Brut. Il proposito del maestro di Le Havre era quello di ricercare il gesto e l’ispirazione pura in soggetti completamente estranei a qualunque forma di educazione artistica come i malati mentali. In loro non c’era la pretesa mimetica di assecondare le mode e gli stereotipi del sistema dell’Arte e non vi era nemmeno la preoccupazione dell’ambizione personale. In questo caso il compito dell’artista Agnese Ricchi, è quello di ricomporre l’universo fantastico dei bambini con cui lavora, in un’unica opera collettiva, originaria.

Donato di Pelino


 

 

Forme di un immaginario, prodotte dai bambini, colorato e variegato, accuratamente scelto per essere recuperato ed isolato, per dare vita ad una serie di assemblage, con l’occhio di un adulto curioso e impegnato a sovvertire le leggi della gravità.

I segni e le visioni sapientemente scelte per misteriosa attrazione, si trasformano nella personale reinterpretazione del mondo. Agnese Ricchi si libera del mondo reale, facendo fluttuare i colori dalle sagome fantasiose in uno spazio dilatato.

Alcuni elementi recuperati, vengono fotocopiati e riproposti più volte, in una sorta di leitmotiv; ed ecco i pesci, graficamente e naturalmente puri, trovarsi a nuotare tra elefanti e case. Spazi pittorici ampi, nati dalla stratificazione di fondali e forme, ispirati all’Africa, al Lago o al Giardino, a visioni e sensazioni semplici e importanti come il bacio.

Un’esperienza di recupero e assemblage che si può paragonare, per semplificazione, all’Arte Povera e alla ricerca dell’Art Brut. Una ricerca che sopporta i vincoli dell’utilizzo del trovato, ma che sprigiona una carica ludica della rappresentazione simbolica e magica della percezione essenziale dell’ambiente circostante. Racconti che trovano un naturale sviluppo a spirale, una ritualità primitiva intatta nel fanciullo è che la Ricchi filtra senza alterarne lo spirito. Lei stessa diventa sciamano e interprete del mondo infantile.

Gianleonardo Latini


 

# TRAVEL'ART DIARY > CAPOEIRA QUILOMBOLA

After a first analysis, I have thought that, for the presentation of the artistic-educational research developed by Agnese Ricchi, I would identify and summarize the work she developed through this artist’s book – the prototype of a series – which was born from the artist’s journey to Brazil, in 2014. The scenography and the environment this tale develops is a quilombo. Etymologically, quilombo is a rural village of the late 16th century, inhabited by former African slaves who had landed in Brazil.

Agnese Ricchi’s visual documentation, which deals with universal narrations sheltered in the heart and mind of children, in the cradle of civilization, as suggested by the plot of movie Redemption Song by director Cristina Mantis, intercepts the objective of turning the spotlights onto the anthropologic behavior and, mainly, onto those creative cultures that are different from ours. Cultures that are capable of a naïve instinctive expression, which is at the same time aware and genuine, as we can think observing, for a while, those 'children’s hands' which – dancing in synesthesia - leave they colored prints on sheets, canvas, etc.

Each of us has been a child! Individually and culturally, we have all been educated to have a way to reconfigure the outside word: the creation, the nature, the objects, the affections, the sky, the sea. But, from the crayons and colored pencils, what do we leave behind us once we have grown up?

Most likely, losing the naïve shape of being sincere, we prefer homologating shapes in images we have iconized. No matter if toys, stuffed animals, people we care for, objects of desire, we pragmatically describe – in the culture of signs for a Western children’s grammar – the presence of having, of well-being, of being protected; often forgetting with it those children who – since they live in the other part of the world – do not possess anything in the world, have nothing, do not know large building, have no cars and do not even know the essence of the word comfort.

This 'logbook', in which the biographic and emotional notes of the artist tie, becomes – I believe – artistic and educational material: a wide score combined by the series of jutes entitled Capoeira Quilombola, of stills and images based on her video Capoeira Quilombola. All these in large part totemic elements, call the public to direct action, putting them into contact with the protagonist of the movie, Cissoko Aboubacar, an immigrant refugee who recently became cultural mediator at the Study Center of International Politics in Rome.

The core theme of this work, which will be exposed further on, tells a part of the history of Brazil, of this particular documental research which reconstructs, in amazement, Capoeira: a secret code, a form of martial art directed to the group of former African slaves. In this case, the artist, who has always been careful to the laboratory activities, conjugates, as it also shown in documentary Redemption Song, two parallel moments joint by the same outreach: the extra-physical and corporal fight of the evocating adult Cissoko; the pacific fight of the village children, with their thirst to know and enjoy themselves messing about with paint brushes and colors.

Agnese, then, extrapolates, selects, catalogues parts of those documents, of those drawings, reconfiguring them digitally keeping the specific intention of tracing back shapes and universal symbols of mankind – such as the heart – which talk of love.

Exploring lands and cultures that are far from her, continuing somehow Mike Fay’s studies and Michael Nichols photographs - (The last green abyss, Megatransect, Mike Fay’s journals, Ed. National Geographic, 2006) – our artist shows the ability – starting from a collective action painting – to obtain frames, to process those signs born from the fabula of a dialog between the youngest ones and the exploring adult.

Gabriele Romeo

 

An original and independent artist, she has always based her work on her relationship with child drawings coming from the Italian schools as well as from remote countries, many of which are still at wars. In each of these cases the artist is asking her little friends to express themselves or she just observes them working on specific subjects, often difficult ones, like fear, death, war, but also lighter ones such us playing, tradition, daily life.

In order to do this, Ricchi sometimes organizes laboratories, cooperating with teachers, at times she travels and, with the support from cultural mediators, she reaches cities or villages in remote countries to work with children; in other occasions she receives the drawings as a gift.

...Paintings,wich can recall expressionism in a representation that is as new-savage as graffiti,are,infact,giving life to a coherent whole,full of visual and cultural references.It's also interesting to notice that some forms and figures are not too far from certain "African"representations by Picasso,from the air-like games of Mirò or the stylizations by Penk,from keith Haring's effigies and Basquiat's tribalism and the tracks/traces by Richard Hambleton to Paolo Buggiani's invasive primitivism,from the Ken Hiratsuka-like doodles and the street art peculiar attitude,which,notoriously Creole,mixes on purpose Africa,Asia,children's dreaming,signals and primordial acts.

...These "young painters" have used these tools, showing a familiarity and an amazing and wonderful spontaneity, which can be clearly seen in the video that has been made four-handed by Ricchi and Simone Catania, where we can see the explosion of the expressive freedom and the pictorial passion coming out with naturalness as if they were "experienced artists", almost to confirm Beuys declaration about every men being an artist. In fact, it ’s been Beuys himself and the school of thought that he was part of and adopted him like its shamanic main actor, who seemed to notice the importance of a certain laboratory practice and all the work done to free potentiality and creative naturalness...

Barbara Martusciello

 

Once upon a time there was a big, strong and very funny Minotaur, who was always getting lost, even inside its own labyrinth. This is perhaps how the children of Istituto Comprensivo Andrea Baldi of Rome, who are the authors of the drawings that constitute an integral part of the performance devised by the artist Agnese Ricchi, made at Galleria Opera Unica in 2010 and titled “The Minotaur”, would tell this episode of the Myth. The action is documented in a video of wonderfully shelled pasty colors, where the artist – wearing a plush mask she made herself, with the appearance of this strange half-human and half-animal creature - moves in a space surrounded by the temperas of her own small pupils.

The effect on the audience is extraordinarily engrossing. The children’s paintings seem to find back their Ariadne’s thread in aesthetics that belonged to artists such as Jean Michel Basquiat and – even before – to one of its great inspirers, i.e. Dubuffet, the theoretician of Art Brut. The purpose of the Le Havre master was to search for the gesture and pure inspiration in subjects that were completely extraneous to any form of artistic education such as the brainsick. In them, there was no mimetic claim to comply the fashions and stereotypes of the Art system and there was not even the concern of personal ambition. In this case, the task of artist Agnese Ricchi is to recompose the fantastic universe of the children she works with, in a unique, collective original work.

Donato di Pelino

 

Forms created by children deriving from an imaginary world; coloured, varied, carefully chosen to be recovered and isolated in order to give life to a sort of assemblage, seen by curious and mature eyes seeking to destroy gravity laws.

Signs and visions wisely selected by a misterious attraction, grow into a personal interpretation of the world.
Agnese Ricchi frees herself and us from the ropes of reality, so that forms and colours fluctuate in a dilated space.

Some of these recovered elements are photocopied and proposed again and again, as a leitmotiv; here are graphically and naturally pure fishes swimming through elephants and houses.

Wide pictorical spaces coming from the stratification of backgrounds and forms inspired by Africa, Lake, Garden; simple visions and sensations important like a kiss.

We could, very simply, compare this experience of recovering and assembling to the “Art Brut” and the “Arte Povera”.
A difficult pursuit through the bonds of the "found” full of ludic energy, a magical and emblematic representation of the primary perception of the children surrondings.

Agnese Ricchi brings about the pure primitiveness of children's drawings, telling spiral form stories, without alterations.
So she becomes shaman of the children's world.

Gianleonardo Latini




Agnese Ricchi

E-mail: agnese@agnesericchi.com